Parigi brucia? Guerriglia dei Gilet gialli, 100 feriti, 270 arresti

Francia.  La rabbia invade la capitale e il governo non ha risposte. Ras le bol (piene le scatole) è lo slogan comune dei manifestanti

PARIGI. Scene da guerra civile, per ore, iniziate a place de l’Etoile, nella parte alta degli Champs Elysées, dilagate nelle vie adiacenti del ricco 16° arrondissement e poi diffuse in altri quartieri. Una scritta con lo spray nero sull’Arc de Triomphe: «I gilet gialli trionferanno».

Parigi in preda alla rabbia, con un dispositivo di polizia impressionante, più di 100 feriti, 270 arresti. La partecipazione al movimento dei gilet gialli è in calo – 75mila persone in tutta la Francia, 5.500 a Parigi – ma la violenza ha preso il sopravvento e cambia il quadro politico, al di là della strumentalizzazione eventuale e della presenza di casseurs di estrema destra. La scintilla era stata l’aumento delle tasse sui carburanti, ma ora non basterà annullarlo per riportare la calma.

Ras le bol (piene le scatole) è lo slogan comune dei manifestanti. È un’esplosione che viene da lontano, fino all’altro ieri aveva il sostegno di una grande maggioranza della popolazione, e ora si concentra contro Macron, «il banchiere». che da Buenos Aires ha commentato: «Vogliono il caos».

Esplosioni di violenza per tutta la giornata, dall’Etoile a oltre la Concorde, in rue de Rivoli, fiamme ai giardini delle Tuileries dove sono state divelte parti delle griglie di recinzione. Un tentativo di prendere d’assalto palais Brongniart, il vecchio palazzo della Borsa. Gli Invalides, l’avenue Foche, l’Alma, boulevard Haussmann, avenue Kléber, Trocadero, un ampio perimetro del centro lussuoso di Parigi è stato teatro di ore di guerriglia urbana. Decine di auto bruciate, momenti di panico con due incendi di abitazioni. Le Galeries Lafayette e i magazzini Printemps sono stati evacuati nel pomeriggio, per paura dei casseurs, non lontani, all’azione all’Opéra. Assalti ai negozi, svaligiati, attorno all’Etoile e in rue de Rivoli. Un’esplosione di violenza molto più forte del sabato precedente.

Gli scontri sono iniziati alle 8,45 del mattino, con un primo tentativo di un gruppo di gilet gialli di forzare lo sbarramento della polizia agli Champs Elysées, luogo dove volevano manifestare anche se non avevano chiesto nessuna autorizzazione. Un fucile d’assalto è stato rubato in un’auto della polizia. Gli agenti hanno cercato di respingere i manifestanti con lacrimogeni, cannoni ad acqua, bombe assordanti. La guerriglia urbana, 1.500 casseurs secondo il governo, continuava ancora ieri sera. Un primo bilancio è di un centinaio di feriti a Parigi e quasi 300 arresti solo nella capitale. Qualche incidente anche in provincia, nelle Ardenne, a Cognac, a Tolosa, a Marsiglia, a Pau, a Tour c’è un ferito grave, ma in generale al di fuori della capitale le manifestazioni sono state pacifiche.

Questa violenza estrema arriva all’«atto 3» del movimento dei gilet gialli, che registra una mobilitazione in netto calo: 75mila manifestanti in tutta la Francia (erano quasi 300mila il primo giorno di protesta), 5.500 a Parigi. Un «clima insurrezionale» per le autorità, che mantengono la distinzione tra gilet gialli e casseurs. Anche se c’è chi dice che la reazione è stata così violenta in risposta agli interventi della polizia, che avrebbero facilitato la radicalizzazione. Per il governo, la maggior parte dei casseurs sono elementi di gruppuscoli di estrema destra.

E adesso? Ieri era il tempo dei commenti sulle violenze. Ma da oggi è la politica che deve entrare in gioco. Emmanuel Macron torna oggi e ha reagito dal G20 di Buenos Aires: «Quello che è successo a Parigi non ha nulla a che vedere con una collera legittima».

Il primo ministro Edouard Philippe, a metà giornata, ha denunciato «una violenza mai raggiunta», si è detto «choccato» nel vedere attaccati «i simboli della Repubblica», come l’Arc de Triomphe, e ha garantito «la libertà di espressione», ma nel «rispetto della legge, delle procedure che garantiscono la libertà collettiva». Ma adesso ci vorrà una risposta politica forte, fino all’altro ieri la protesta era sostenuta dall’80% della popolazione: nell’opposizione c’è chi parla addirittura di elezioni anticipate, mentre i manifestanti hanno più volte urlato «Macron dimissioni».

Non basterà al governo ritirare l’aumento delle tasse sui carburanti, la scintilla che ha scatenato la rivolta dei gilet gialli, né basteranno le riunioni in provincia previste per tre mesi. I gilet gialli sono proteiformi, diversi, nelle 42 richieste al governo ci sono domande contraddittorie (anche se Marine Le Pen sostiene che gran parte erano nel suo programma presidenziale), che vanno da un aumento consistente del salario minimo (richiesta difesa dalla sinistra) a un taglio ai contributi padronali, e soprattutto a un abbassamento generale delle tasse, e anche al ritorno della patrimoniale per gli investimenti mobiliari. La domanda di fondo è di avere più soldi a disposizione, con meno tasse e aumenti di salari. Ras le bol, anche contro il «disprezzo» con cui le classi medio-basse si sentono trattate dal potere centrale.

Ieri, c’era a Parigi anche una manifestazione della Cgt, organizzata ogni anno all’inizio di dicembre, contro la disoccupazione e il precariato. Qualche gilet giallo si è accodato, pochi. Il segretario Cgt, Philippe Martinez, ha osservato che «le violenze discreditano il movimento sociale». Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise (che non è venuto a Parigi, contrariamente a quanto annunciato), ha invece minimizzato: sono «violenze rituali» e ha accusato «l’incredibile accanimento della polizia contro manifestanti pacifici», perché «il governo cerca l’incidente per diffondere la paura». La sindaca di Parigi, la socialista Anne Hidalgo, ha espresso «profonda indignazione, grande tristezza».

* Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO

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