Antifascismo. La nostra migliore gioventù processata a Torino

31 giovani torinesi domani saranno davanti al giudice del riesame di Torino per chiedere la revoca delle limitazioni alla libertà: liberateli e non incriminateli. Incarnano lo spirito migliore della nostra repubblica. Per loro l’antifascismo non è una parola vuota

Il 13 febbraio scorso all’università di Torino si è svolto un convegno intitolato «fascismo, colonialismo, foibe» autorizzato dall’istituzione universitaria e promosso da alcune sezioni dell’Anpi, Nizza Lingotto, 68 martiri di Grugliasco, V sezioni riunite, Nichelino. E dal Comitato delle mamme in piazza per la libertà del dissenso.

Io ero invitato come relatore. Prevista la proiezione dell’importante documentario della Bbc, The fascist legacy (L’eredità fascista). Film acquistato dalla Rai oltre 25 anni fa, doppiato a cura del regista Massimo Sani ma la tv di stato non lo ha mai messo in onda.

Mentre il convegno si svolgeva, secondo quanto mi è stato riferito da alcuni degli organizzatori, sono arrivati gli immancabili neofascisti a fare un volantinaggio scortati da tre camionette della celere con agenti in tenuta antisommossa.

Gli studenti antifascisti si sono contrapposti ai fascisti al grido di: «Fuori i fascisti dall’Università». Sono seguite cariche di «allegerimento» da parte delle forze di polizia a cui hanno fatto seguito l’arresto di alcuni militanti antifascisti che sono stati subito oggetto di durissimi provvedimenti costrittivi.

Per dovere di onestà ripeto che non sono stato testimone oculare dei fatti ma riferisco ciò che mi è stato detto da persone che personalmente ritengo degne della massima fiducia. Io mi trovavo all’interno dell’aula in cui si teneva il convegno.

Ma, a prescindere da come si è svolta la dinamica dei fatti c’è una domanda che dovrebbe sgorgare spontanea dal cuore di ogni cittadino italiano degno di tale qualifica: per quale ragione le nostre forze dell’ordine che giurano fedeltà alla Costituzione repubblicana debbano scortare fascisti, neofascisti e affini.

La nostra Carta non è neutra, è ontogeneticamente e intrinsecamente antifascista.

I fascisti e coloro che si ispirano alla «ideologia» di quel regime criminale non hanno titolo né diritto ad esprimersi negli spazi pubblici in quanto ogni loro manifestazione viola il dettato costituzionale e si configura come crimine contro la democrazia.

Tengano le loro kermesse nostalgiche in luoghi privati e i cittadini italiani ricordino che si tratta di nostalgia per la guerra, il colonialismo, il razzismo, il genocidio, il razzismo.

25 aprile la liberazione è bella vignetta biani il manifesto
La vignetta di Biani per il manifesto, 2018

La democrazia italiana ha ricevuto dalla permanenza del veleno fascista nelle fibre più delicate del tessuto nazionale, micidiali ferite purulente a partire dallo stragismo.

L’Italia all’uscita dalla seconda guerra mondiale si collocò nell’area atlantica sotto l’egemonia degli Stati Uniti per i quali il nemico era diventato l’Unione sovietica. Le amministrazioni stelle e strisce non si fidavano degli antifascisti e pretesero che nei gangli vitali dello stato fossero reintegrati i compromessi col regime e «licenziati» coloro che avevano combattuto contro il fascismo.

Per questo principale motivo, a mio parere, l’Italia non si è mai liberata dalla micidiale eredità fascista.

Ora, tornando ai giovani antifascisti torinesi, 31 dei quali il 4 settembre, domani, saranno davanti al giudice del riesame di Torino per chiedere la revoca delle limitazioni alla libertà: liberateli e non incriminateli.

Essi incarnano lo spirito migliore della nostra repubblica. Per loro l’antifascismo non è una parola vuota da far risuonare retoricamente alle manifestazioni celebrative e commemorative, non è un simulacro buono per simulare appartenenze di comodo, per loro l’impegno antifascista è un orizzonte di lotta per edificare una società di giustizia, di uguaglianza. È una forza propulsiva che si contrappone alla barbarie della guerra, del razzismo, dei privilegi intesi come forma di rapina che disgrega l’integrità sacrale della vita.

Questi non sono i giovani delle discoteche, degli apericena o delle happy hour, vivono la vita come partecipazione ai valori che istituiscono e difendono la civiltà democratica e sanno vivere con passione e con la gioia di chi ha iscritto il proprio cammino nel solco che porta dalla tirannia alla libertà come fecero i nostri partigiani che si sacrificarono per amore della vita e per fermare i cultori della morte.

* Fonte: Moni Ovadia, il manifesto

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