Cibo, stipendi e affitti: i Centri ci costano 200 mila euro al giorno

ROMA — Ai pasti per ogni migrante ospitato nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, sono destinati 5 euro. In altre strutture si riesce addirittura a spendere di meno. E tanto basta per comprendere quale sia la qualità del cibo servito.

ROMA — Ai pasti per ogni migrante ospitato nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, sono destinati 5 euro. In altre strutture si riesce addirittura a spendere di meno. E tanto basta per comprendere quale sia la qualità del cibo servito.

Si cerca di risparmiare, anche se questo non è sufficiente a far scendere i costi complessivi per il mantenimento di queste strutture, che rimangono comunque altissimi.
Per averne un’idea più precisa, bisogna analizzare i numeri contenuti nel prospetto della legge di Stabilità e così si scopre che «per l’attivazione, la locazione e la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione sono stati stanziati circa 236 milioni di euro per il 2013 — con un incremento di 66 milioni rispetto al 2012 — e 220 milioni nel 2014». Mentre la relazione dell’associazione «A buon diritto» del senatore Luigi Manconi, sulla base dei dati del Viminale, ha stimato una spesa di circa 200mila euro al giorno ai quali bisogna aggiungere le spese per i rimpatri.
Sei strutture
con 749 posti
Erano dodici i Cie attivati per poter ospitare 1.851 persone, ne sono rimasti aperti sei e soltanto due funzionano a pieno regime con una capienza effettiva che al 15 novembre scorso era di 749 posti. Entrano migranti nei centri di Bari, Caltanissetta, Milano, Roma, Torino e Trapani ma solo in Sicilia viene effettivamente rispettata la capacità prevista. I costi di gestione variano dai 60 euro giornalieri di Milano, dove la responsabilità è affidata alla Croce Rossa, ai 25 di Bari dove opera un’associazione umanitaria. A Roma c’è «Auxilium» alla quale sono destinati 41 euro quotidiani così suddivisi: 32 euro per gli stipendi, 3,5 vengono consegnati a ogni migrante per l’acquisto delle schede telefoniche o di generi di prima necessità, il resto è per il vitto.
Le condizioni di vita sono decisamente peggiori di quelle carcerarie perché chi si trova lì dentro non ha possibilità di svolgere alcuna attività. Non ci sono libri, tv o qualsiasi altro modo per far trascorrere la giornata. Non sono nemmeno previste forme di contatto con l’esterno. La convenzione non prevede neanche la mediazione linguistica durante i colloqui tra i migranti e gli avvocati. Le persone vegetano per settimane, addirittura mesi, in attesa che la diplomazia fornisca i loro dati esatti e consenta di identificarli per rispedirli a casa. Oppure, se la nazionalità o le generalità non sono certe, per consegnare loro il foglio di via e sperare che lascino l’Italia.
Gare d’appalto
per medici e vestiti
Secondo l’ultimo rapporto dell’«Associazione Lunaria», «tra dicembre 2008 e aprile 2013 il ministero dell’Interno ha pubblicato gare di appalto per un valore complessivo di 108 milioni». Gli esperti spiegano che «il prezzo dell’appalto viene calcolato sulla base di un canone annuo rapportato alla capienza teorica della struttura moltiplicato per tre annualità. Il calcolo così effettuato porta alla definizione del prezzo massimo per l’erogazione dei servizi richiesti e costituisce l’importo messo a base d’asta. Il pagamento del corrispettivo viene invece calcolato sulla base delle presenze effettive nei Centri. Se la differenza tra la capienza teorica e quella effettiva è inferiore al 10 per cento, il corrispettivo rimane invariato, se è inferiore del 50 per cento rispetto a quella teorica per più di 30 giorni consecutivi, l’ente gestore può richiedere la sospensione del contratto.
Nel 2005, durante un’audizione davanti al Comitato Schengen, il prefetto Anna Maria D’Ascenzo responsabile del Dipartimento Immigrazione, dichiarò: «È chiaro ed evidente che, quando parliamo di un costo di 60, 70 euro al giorno pro capite, nel costo non è compreso solo il vitto, l’alloggio e il vestiario che assicuriamo alle persone, ma anche il costo dei mediatori culturali, degli interpreti e dei medici. Comunque, esiste sicuramente una differenza fra il nord e il sud: perché il primo è più caro del secondo, anche in termini di costo delle persone».
Per ogni rimpatrio
5 biglietti
L’eventuale revisione della legge Bossi-Fini certamente dovrà tenere conto delle spese sostenute per riportare in patria i migranti irregolari che vengono identificati e nei confronti dei quali i Paesi di origine concedono il nulla osta al rientro. Tenendo conto che per ogni straniero riaccompagnato in patria bisogna prevedere l’acquisto di cinque biglietti aerei, visto che va scortato da almeno quattro poliziotti che devono essere particolarmente addestrati.
Dichiara Nicola Tanzi, segretario del Sindacato di polizia Sap: «La mancata chiarezza sulle regole di ingaggio e i tagli alle risorse sono alla base del fallimento dell’attuale situazione nei Cie, senza contare che fu un errore, cinque anni fa, introdurre il reato di clandestinità e aumentare i tempi di permanenza in queste strutture. Il disagio dei migranti non è inferiore a quello dei poliziotti che operano nei centri. Il problema principale è quello del loro status: non sono detenuti, ma neppure possono godere di uno stato di libertà piena. Sono “trattenuti” e non abbiamo regole di ingaggio adeguate. Pertanto le forze dell’ordine hanno poco spazio di manovra, non possono intervenire preventivamente, ma solo successivamente in caso di violenze e reati».
Fiorenza Sarzanini

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