Nella rete sardo fascista

Sardegna. Un articolo su «Sardinia Post» scatena violente aggressioni verbali contro la sua autrice sulla pagina facebook del leader del Movimento sociale sardo. E l’estrema destra sull’isola è sempre più in cerca di una visibilità non solo virtuale

Uno spet­ta­colo sini­stro ha fune­stato per dieci anni la festa del 25 aprile a Cagliari: men­tre ex par­ti­giani, anti­fa­sci­sti e cit­ta­dini ricor­da­vano la libe­ra­zione del paese dal nazi­fa­sci­smo, un gruppo di gio­vani e meno gio­vani ren­deva omag­gio alla Repub­blica Sociale di Salò. Dal 2003 e fino a tre anni fa il movi­mento neo­fa­sci­sta sardo si è dato appun­ta­mento ogni 25 aprile nella cen­tra­lis­sima piazza Gram­sci, nella stessa mat­tina in cui, a poche decine di metri, si sno­dava il cor­teo della Resi­stenza. Ban­diere rosse e can­zoni par­ti­giane da una parte della strada, ves­silli neri e appelli ai came­rati dall’altra. Non par­liamo certo di folle ma di poche decine di per­sone che sven­to­la­vano il tri­co­lore al grido di «Onore ai caduti della Repub­blica di Salò»: qual­che brac­cio sol­le­vato e un paio di sim­boli del Ven­ten­nio face­vano da coreo­gra­fia, men­tre la città guar­dava impo­tente chie­den­dosi se non ci fosse il modo di evi­tare quello spet­ta­colo lugu­bre. Da pochi anni la mani­fe­sta­zione è stata “sfrat­tata” dalla città e ora la parata nera del 25 aprile ripiega sulla vicina Quartu Sant’Elena.
I neo­fa­sci­sti in Sar­de­gna non sono una novità ma negli ultimi tempi la loro pre­senza ha assunto risvolti inquie­tanti. Da qual­che anno cer­cano la visi­bi­lità delle piazze aggan­cian­dosi alla pro­pa­ganda anti-euro, anti-immigrato, anti-tasse. La set­ti­mana scorsa i gio­vani del Movi­mento Sociale Sardo-La Destra hanno orga­niz­zato un pre­si­dio davanti alla Pre­fet­tura caglia­ri­tana al grido di «Prima gli Ita­liani» e «Basta immi­grati». Per l’occasione i mili­tanti, una tren­tina, hanno tirato fuori pure la ban­diera «Noi con Sal­vini»: sardi e leghi­sti insieme, un ossi­moro che trova la sua forza nella lotta comune con­tro il nemico povero, quello che oggi si chiama immi­grato ma che ieri era il meri­dio­nale, sardo compreso.

Su Sar­di­nia Post, quo­ti­diano on line per cui lavoro, abbiamo descritto i movi­menti di estrema destra in Sar­de­gna, le sigle in cui si rico­no­scono e le bat­ta­glie comuni, e le azioni della città in rispo­sta al sardo-fascismo. Tutto que­sto non è pia­ciuto a Daniele Caruso, gio­vane segre­ta­rio regio­nale del Movi­mento Sociale Sardo: pochi giorni fa sono stata chia­mata in causa sul suo pro­filo face­book per un mio arti­colo inti­to­lato «Da Mus­so­lini a Sal­vini: chi sono i neo­fa­sci­sti sardi schie­rati con la Lega». Caruso mi defi­ni­sce «Gior­na­let­taia» accu­san­domi di dif­fa­ma­zione e imme­diati par­tono i com­menti dei suoi ’amici’: «gior­na­li­sti ter­ro­ri­sti», «zec­che rosse schi­fose» e «bal­dracca» tra gli altri. Il top è la frase di un altro sardo, un certo Fran­ce­sco Vit­tiello: «Un giorno quando un mao­met­tano arra­pato la vio­len­terà verrà stri­sciando a chie­dere pietà ! Tiè bec­cati que­sta pen­ni­ven­dila di regime!». Una frase vol­gare, ses­si­sta e raz­zi­sta, fir­mata da un per­so­nag­gio che sui social net­work sfog­gia saluti romani e magliette del duce.

La frase di Vit­tiello rimane on line per diverse ore prima di essere rimossa. Daniele Caruso non com­menta, non cen­sura, non con­danna l’istigazione alla vio­lenza che tra­suda dai com­menti dei suoi amici nono­stante lui stesso defi­ni­sca il suo Movi­mento «paci­fico». Del resto la sua pagina è zeppa di slo­gan che ben cono­sciamo: «Boia chi molla», «Onore ai came­rati», «Molti nemici e molto onore» (ma l’apologia del fasci­smo, che sia in strada o nel mondo vir­tuale, non era reato?).

Nello stesso pro­filo si leg­gono poi tanti inci­ta­menti all’odio con­tro gli anti­fa­sci­sti: «Ci piaz­ziamo una decina a un cen­ti­naio di metri con la mac­china poco distante con le mazze e un paio di litri di olio di ricino», «I casi sono due, difen­dersi da soli a calci e pugni o uscire con le mazze». Sarà solo pro­pa­ganda da tastiera? Nel dub­bio non sot­to­va­lu­tiamo, noi caglia­ri­tani cono­sciamo que­sti per­so­naggi e sap­piamo che il Movi­mento Sociale Sardo e gli altri neo­fa­sci­sti poi in piazza ci vanno dav­vero tra pre­sidi, volan­ti­nag­gio, parate per i Repub­bli­chini. La ten­sione tra loro e gli anti­fa­sci­sti caglia­ri­tani è ormai alle stelle e se finora si è evi­tato lo scon­tro è stato solo per caso.

Tor­nando al com­mento di Vit­tiello con l’invocazione allo stu­pro, la reda­zione di Sar­di­nia Post rac­conta subito quanto sta acca­dendo su face­book. Ricevo, rice­viamo imme­dia­ta­mente il soste­gno da cen­ti­naia di per­sone tra amici e col­le­ghi; l’Ordine dei Gior­na­li­sti della Sar­de­gna e l’Associazione Stampa Sarda con­dan­nano l’attacco «vol­gare, maschi­li­sta e squa­dri­sta», il Gruppo cro­ni­sti sardi parla di «enne­sima, ver­go­gnosa aggres­sione ses­si­sta nei con­fronti di una gior­na­li­sta». Tan­tis­simi sono anche gli sco­no­sciuti che mi man­dano mes­saggi di affetto e solidarietà.

La Destra di Sto­race e la Destra sociale sarda sot­to­li­neano che non hanno niente a che fare con il Movi­mento Sociale Sardo. In tutto que­sto Daniele Caruso ci invia una nota in cui prende le distanze da quanto scritto: parla di «caso mon­tato ad arte», sostiene che «la frase incri­mi­nata è stata scritta da uno sco­no­sciuto sulla mia bacheca, non da me, non da un mili­tante, non da un tes­se­rato ma da un utente gene­rico medio di Face­book» e ricorda la dif­fi­coltà di tenere a bada i com­menti sui social. «Nel merito della frase incri­mi­nata, ovvia­mente, mi esprimo in totale disac­cordo e esprimo soli­da­rietà a tutte le donne a cui viene augu­rato uno stu­pro, si chia­mino Isin­bayeva o Mulas. Non posso non anno­tare che in que­sto caso non si è trat­tato di un augu­rio e non si è trat­tato di un poli­tico, ma di uno sco­no­sciuto che non nomino per evi­tare che a sua volta subi­sca ritor­sioni di qual­siasi tipo. Mi pare che la gogna pub­blica lo abbia già mas­sa­crato abba­stanza». Grande pre­oc­cu­pa­zione per l’autore del com­mento, un po’ meno per una gior­na­li­sta che ha rice­vuto insulti e volgarità.

In que­sta sto­ria c’è ovvia­mente il disgu­sto per i social net­work usati come vetrina da per­sone vio­lente, ses­si­ste e raz­zi­ste, ma l’orrore vero sta nel fatto che settant’anni dopo, il fasci­smo con il suo carico di odio e rab­bia possa essere tol­le­rato e legit­ti­mato nelle piazze vere e in quelle virtuali.

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