E anche i dirigenti cliccano “mi piace” la scia di odio che imbarazza il Viminale

un rigurgito di odio, rancore, disprezzo per i morti, che dice molto non di “una mela marcia” o di “un cestino di mele marce”, ma di un sentimento profondo, da tempo fuori controllo, che attraversa un pezzo importante della Polizia

ROMA . Quattordici anni dopo i fatti e a una settimana dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, l’infezione che non si è voluta curare è andata in cancrena. E in un lunedì nero per la Polizia di Stato, i fantasmi della Diaz tornano a ballare spaventosi sul Viminale e sul piano nobile del Dipartimento di Pubblica Sicurezza.
In un rigurgito di odio, rancore, disprezzo per i morti, che dice molto non di “una mela marcia” o di “un cestino di mele marce”, ma di un sentimento profondo, da tempo fuori controllo, che attraversa un pezzo importante della Polizia di Stato e dei suoi reparti celere. Che sorprende il capo della Polizia Alessandro Pansa nella notte di Singapore dove è in missione e dove una telefonata lo butta giù dal letto per avvisarlo che «Ci risiamo». E che, per quattro lunghissime ore, tramortisce l’intera catena gerarchica dell’apparato. Perché — come è immediatamente evidente dai “ mi piace” (saranno alla fine 200), i commenti e le condivisioni che ha ricevuto — il thread scatenato dal post datato 9 aprile di Fabio Tortosa, agente del Reparto Mobile di Roma addetto ai servizi di fureria e già componente del VII Nucleo Mobile che fece irruzione nella Diaz, è un’onda di piena. È una “colonna infame” contagiosa («Ti stimo e se fosse per me verrei pure io…»; «Ti ho invidiato! Grande!»; «La prossima volta kiama… Sarò al tuo fianco»). Accredita «un’altra verità su Genova», diversa da quella del «pm Zucca e dalle sue zecche». E non racconta soltanto della deriva notturna e solipsistica di un “reduce” e di chi gli rende “onore”. Ma di un modo d’essere, di un comune sentire cui partecipano almeno altri tre poliziotti in servizio — Pierluigi Fragomeni, che di sé scrive “Ministero dell’Interno, precedentemente polizia di Stato e Ministero della Difesa”, Andrea Cecchini, anche lui di un Reparto Mobile, e Alessandro Ciotoli alias “Bonzo” “Ministero dell’Interno”, come annota sul suo profilo — e, significativamente, il comandante del Reparto Mobile di Cagliari Antonio Adornato.
Il suo “ like” al post iniziale di Tortosa («Io sono uno degli 80 del VII nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte») è un colpo che stordisce il Dipartimento. Che dà la dimensione di cosa stia accadendo e di quale peso abbia la faccenda. Perché se è vero che Adornato non partecipa alla discussione, non si associa all’infamia dell’offesa alla morte di Carlo Giuliani («Spero faccia schifo ai vermi», scrive Tortosa), alla rivendicazione di essere stati «torturatori con le palle», è altrettanto vero che quel “mi piace” al primo post di Tortosa (di cui è amico da lunga data e che è stato per anni il suo autista al Reparto Mobile di Roma) è il capovolgimento pubblico dell’immagine che su di lui il Dipartimento ha costruito per accreditare «il nuovo volto dei Reparti Celere».
Prima di arrivare a Cagliari ha infatti comandato il Reparto di Senigallia, è stato portato in palmo di mano come «esempio di un nuovo modo di fare ordine pubblico». E nei giorni del G8 di Genova fu tra i poliziotti che, la sera della Diaz (nel cui processo avrebbe testimoniato, accreditando come quella sera ci fosse qualcosa di “strano” nell’aria che lo aveva convinto a sfilarsi), volontariamente chiesero di essere esonerati dall’irruzione non prendendovi parte. Con lui, il Dipartimento è furibondo. E la sua presenza nel thread insieme a quella di altri poliziotti convincono a dare un’altra velocità e un altro tono a un primo abbozzo di reazione che, alle 18, fa dettare alle agenzie un comunicato con cui si informa di «accertamenti in corso per verificare l’effettiva rispondenza del profilo Facebook a un appartenente alle forze di polizia in Servizio, all’esito dei quali si darà corso a provvedimenti disciplinari nel rispetto delle prerogative dell’autorità giudiziaria per quanto concerne i profili di eventuale rilevanza penale ».
Da accertare, infatti, non c’è proprio un bel niente, perché negli stessi minuti in cui il primo comunicato del Dipartimento viene battuto dalle agenzie, è lo stesso Tortosa a confermare in un’intervista a Radio Capital che quel post è farina del suo sacco. Che non ha nulla da ritrattare. Anzi, che è sorpreso per la buriana che si è scatenata. Nella notte insonne di Singapore, Pansa comprende dunque che non c’è più nulla da attendere o smussare e sollecitato dallo stesso Alfano, da Palazzo Chigi, da un comunicato durissimo di Emanuele Fiano, responsabile del Pd per le questioni della sicurezza, con cui si chiedono provvedimenti disciplinari immediati, dà dunque mandato al suo vice Marangoni di avviare l’azione disciplinare. Di cui, poco prima delle 21, dà conto un secondo comunicato in cui si «precisa che, oltre a Tortosa, sono già stati avviati accertamenti anche sull’identità delle persone che hanno commentato ed interagito con le dichiarazioni dello stesso». E che questo «consentirà di adeguare nella severità l’azione disciplinare alla gravità di quanto emerso sia nei confronti dell’autore del post che nei confronti di tutti coloro che, poliziotti, hanno effettuato commenti censurabili».
Un’inchiesta — promette il Dipartimento — «dai tempi brevi». In fondo alla quale — aggiungono — «è possibile la destituzione».

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