Stefano Cuc­chi, la perizia che riapre il caso

Riscontrate, nelle nuove analisi, lesioni «recenti» e «traumatiche» su due vertebre. Gli ultimi esami medici voluti dai familiari del giovane morto nel 2009 smentisce i tecnici della procura e della Corte d’Assise

Quando Ste­fano Cuc­chi è morto aveva la terza ver­te­bra lom­bare (nelle foto) e la quarta ver­te­bra sacrale frat­tu­rate «di recente» e in modo «asso­lu­ta­mente contestuale».

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A rive­larlo è una nuova peri­zia medica fir­mata dal pro­fes­sore Carlo Mascioc­chi, pre­si­dente della Società ita­liana di radio­lo­gia e diret­tore dell’Unità ope­ra­tiva di radio­lo­gia dell’Asl 1 di Avezzano-Sulmona-L’Aquila, con­se­gnata ieri mat­tina alla pro­cura di Roma da Ila­ria Cuc­chi, la sorella del gio­vane morto il 22 otto­bre 2009 nel reparto peni­ten­zia­rio dell’ospedale Per­tini, e dal legale della fami­glia, Fabio Anselmo. «Lesioni trau­ma­ti­che», «deter­mi­nate con alta vero­si­mi­glianza da un trauma com­pres­sivo», che non com­pa­iono nel referto dei super periti della Corte d’Assise e dun­que sono il grande tas­sello man­cante di due pro­cessi finiti con l’assoluzione di sei medici, tre infer­mieri e tre agenti di poli­zia peni­ten­zia­ria impu­tati, e ben sei anni di inda­gini e dibattimenti.

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Un altro tas­sello di «verità», que­sto, secondo i fami­liari, che si aggiunge alla testi­mo­nianza dei due cara­bi­nieri, un uomo e una donna, rac­colta dal pm Gio­vanni Musarò che coor­dina l’inchiesta bis aperta dal pro­cu­ra­tore capo Pigna­tone. Gra­zie alle rive­la­zioni dei due mili­tari che hanno spon­ta­nea­mente con­tat­tato la fami­glia — «Non hanno assi­stito ai fatti, ma sanno come anda­rono le cose quella notte», rife­ri­sce Ila­ria Cuc­chi — gli inqui­renti hanno potuto appro­fon­dire anche un aspetto miste­rioso dell’arresto per spac­cio di stu­pe­fa­centi di Ste­fano Cuc­chi, avve­nuto la notte del 15 otto­bre ad opera di una pat­tu­glia di cara­bi­nieri della sta­zione Appia: la man­canza della foto­se­gna­la­zione e del rile­va­mento delle impronte.

Una pro­ce­dura che inspie­ga­bil­mente venne omessa durante il fermo, mal­grado Cuc­chi rimase una notte intera in una cella di sicu­rezza della sta­zione dei cara­bi­nieri di Tor Sapienza, e venne esple­tata sol­tanto il giorno suc­ces­sivo, quando, dopo l’udienza di con­va­lida, il gio­vane arre­stato entrò nel car­cere di Regina Coeli. Nel regi­stro degli inda­gati sareb­bero così finiti un mare­sciallo, ex coman­dante della sta­zione Appia, e due cara­bi­nieri, accu­sati di falsa testi­mo­nianza e false atte­sta­zioni davanti ai pm che hanno con­dotto le pre­ce­denti indagini.

La nuova peri­zia ora potrebbe accer­tare defi­ni­ti­va­mente ciò che la stessa Corte d’Appello aveva dato per asso­dato, cioè che Ste­fano Cuc­chi era stato pic­chiato sel­vag­gia­mente, vero­si­mil­mente in più occa­sioni, come peral­tro hanno sem­pre soste­nuto anche i fami­liari. Il pro­fes­sor Mascioc­chi che l’ha fir­mata smen­ti­sce le due rela­zioni stese dai periti della Pro­cura, durante la prima fase delle inda­gini, e in seguito dall’Università Sta­tale di Milano inca­ri­cata dalla Corte d’Assise per il primo grado del pro­cesso: «Le frat­ture trau­ma­ti­che a livello di L3 e S4 riscon­trate — scrive Mascioc­chi — sem­brano essere asso­lu­ta­mente con­te­stuali e pos­sono essere defi­nite, in modo tem­po­rale, come “recenti”» ovvero com­prese in «una “fine­stra tem­po­rale” che, dal momento del trauma all’esecuzione dell’indagine radio­lo­gica o di dia­gno­stica per imma­gini, è com­presa entro i 7–15 giorni».

Ma come sarebbe stato pos­si­bile omet­tere o tra­scu­rare tali lesioni nei referti uffi­ciali? «Ho la forte sen­sa­zione — scrive il pre­si­dente della Società ita­liana di radio­lo­gia — che sia stato esa­mi­nato un tratto di colonna che include solo metà soma di L3 fino alla limi­tante soma­tica supe­riore di L5. In altri ter­mini penso che sia stato tagliato il soma di L3 inclu­dendo solo la por­zione più distale e quindi la sola limi­tante soma­tica infe­riore». In sostanza, i tec­nici inca­ri­cati da pro­cura e tri­bu­nale non avreb­bero esa­mi­nato pro­prio quella parte lesio­nata della terza ver­te­bra lom­bare di Ste­fano Cucchi.

Il sito di infor­ma­zione Altrae­co­no­mia ha chie­sto spie­ga­zioni sul punto ad uno dei tec­nici, la radio­loga ausi­lia­ria Bea­trice Fera­galli dell’Università di Chieti e Pescara che esa­minò la colonna ver­te­brale del cada­vere: «La L3 non era valu­ta­bile nel nostro esame — afferma Fera­galli — pro­prio per­ché era già stato sezio­nato l’osso, non era intera la vertebra».

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