La rivoluzione di Madrid “Via tutti i nomi del franchismo”

Con l’arrivo al potere della sinistra radicale nella capitale spagnola scompariranno strade, piazze e scuole intitolate alla dittatura

MADRID. NELL’ELEGANTE quartiere di Chamberí pochi ormai ci fanno caso. E i più giovani ignorano del tutto quei nomi incisi in caratteri bianchi sulle targhe azzurre del Comune. A una manciata di isolati dal Paseo de la Castellana, c’è una Calle del General Yagüe che fa angolo con la Calle del General Varela. È il doppio tributo in un colpo solo a due criminali protagonisti della lunga notte della dittatura: il primo, Juan Yagüe, soprannominato come il “macellaio di Badajoz” per il massacro di migliaia di civili durante l’assedio alla città dell’Estremadura; il secondo, José Enrique Varela, ministro dell’Esercito, scomparso nel 1951, ma comunque imputato post-mortem dal giudice Garzón per crimini contro l’umanità.
Casi simili a Madrid ce ne sono a decine, almeno 170 secondo un primo censimento fatto dalla nuova amministrazione municipale guidata dall’ex giudice Manuela Carmena, che ha deciso di mettere fine a questa vergogna. Strade, piazze, spazi pubblici, persino palestre comunali e scuole, dedicati a dirigenti del regime e simboli del franchismo cambieranno nome. L’aveva promesso nel programma elettorale della sua lista Ahora Madrid e non ha perso tempo. Un modo per commemorare con spirito democratico la ricorrenza – il prossimo 20 novembre – dei quarant’anni della morte di Francisco Franco. L’elenco della vergogna è lungo e contiene nomi agghiaccianti. Come definire altrimenti la Calle del Doctor Vallejo-Nájera? Conosciuto come il “ Mengele di Franco”, era lo psichiatra che teorizzava l’inferiorià mentale della donna (“alla donna le si atrofizza l’intelligenza”), considerata come “un mero strumento al servizio della maternità”.
Alla periferia di Madrid, di fronte al palazzo del Pardo – oggi a disposizione della famiglia reale ma a suo tempo residenza ufficiale del Generalísimo – c’è la Plaza del Caudillo. “È come se a Berlino ci fosse una piazza del Führer o a Roma una piazza del Duce”, si indignano alla Asociación para la Recuperación de la Memoria Histórica, l’organismo che da anni si batte per riesumare dalle fosse comuni i resti delle vittime della dittatura. E poi l’esaltazione delle “gesta” militari del “bando nacional”, le truppe franchiste. La via intitolata alla “liberación”, da intendersi nel senso dell’occupazione di Madrid. O quella che inneggia ai caduti della División Azul, il corpo di volontari che combatterono al fianco della Wehrmacht in Unione Sovietica. Non manca neppure la piazza Arriba España, lo slogan per eccellenza del regime, che il Caudillo ripeteva con voce stridula al termine di ogni suo discorso, accompagnandolo con un fiacco movimento all’insù della mano. Più complesso il caso dell’Arco della Vittoria, un colosso di 45 metri d’altezza ad imitazione dell’Arco di Trionfo parigino: il dilemma è se abbatterlo o assegnargli un nuovo nome e significato. Qualcuno vorrebbe che finissero nel mirino pure nomi controversi come quelli di Salvador Dalí, Manolete e Santiago Bernabéu, per i rapporti che ebbero con il regime.
Hanno la loro strada anche lo scrittore Agustín de Foxá, coautore dell’inno “Cara al sol”, il generale Millán Astray, capo della Stampa e Propaganda del regime e il generale Mola, protagonista del Alzamiento. Verranno spazzati via tutti dall’operazione- pulizia della nuova amministrazione: “Sarà un processo aperto alla partecipazione dei quartieri e della società civile”, assicura la portavoce del governo municipale. In questo modo, Madrid si mette in regola con la legge sulla “memoria histórica” varata otto anni fa dall’esecutivo socialista di Zapatero per riabilitare e rendere onore alle vittime e rimasta a lungo inapplicata. Non solo qui ma in decine di città spagnole, al punto che negli ultimi mesi più di 80 sindaci erano stati denunciati proprio per non aver rimosso i simboli del franchismo. Nella capitale, finora non c’era stato niente da fare: sia negli ultimi tre anni di giunta Botella (la moglie dell’ex premier Aznar) ma soprattutto durante l’amministrazione di Alberto Ruiz Gallardón, per tre volte sindaco con maggioranza assoluta: oltre a essere l’allievo politico dello scomparso Manuel Fraga, ex ministro della dittatura, è anche il genero di José Utrera Molina, dirigente di spicco del regime e più volte componente del gabinetto franchista. Un curriculum politico ben diverso da quello di Carmena, magistrata con un passato da militante del Partito comunista di Santiago Carrillo e Dolores Ibarruri e che, come avvocata, difese diversi prigionieri politici nella fase finale della dittatura.

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