Pode­mos non ha paura

Spagna. L’«umiliazione» greca ha come obiettivo quello di spaventare un contagio anti-austerity e anti liberista ad altri paesi, Spagna in primis. Ma gli spagnoli non sembrano particolarmente impauriti

Pur di punire e umi­liare Tsi­pras e la sua ribel­lione stanno facendo sal­tare l’Europa. L’obiettivo di tanta arro­ganza e rigi­dità è impe­dire il con­ta­gio, che altri paesi, come la Spa­gna, che andrà alle urne a novem­bre, seguano l’esempio greco e met­tano in discus­sione il comando libe­ri­sta sull’Europa.

Rajoy e il suo par­tito si ade­guano e, solerti ese­cu­tori degli ordini di Bru­xel­les, affi­dano le resi­due pos­si­bi­lità di rivin­cere le ele­zioni, per con­ti­nuare a mal­go­ver­nare, alla minac­cia: se vin­cerà Pode­mos la Spa­gna finirà come la Gre­cia. Ma gli spa­gnoli non sem­brano par­ti­co­lar­mente impauriti.

Le pos­si­bi­lità che Pode­mos sia il par­tito di mag­gio­ranza ci sono. Lo rile­vano i son­daggi, che indi­cano parità fra Par­tito Popo­lare, Par­tito Socia­li­sta e Pode­mos, seguiti a soli cin­que punti dalla piat­ta­forma Ciudadanos.

I son­daggi spesso sono ingan­ne­voli, ma le buone pos­si­bi­lità di Pode­mos deri­vano dalla capa­cità di aver tra­sfor­mato il voto ammi­ni­stra­tivo dello scorso mag­gio nelle alleanze che hanno por­tato alla guida delle prin­ci­pali città le can­di­date e i can­di­dati delle liste soste­nute da Podemos.

Insomma non perde forza il biso­gno degli spa­gnoli di farla finita con il governo Rajoy, senza però con­se­gnare il paese nelle mani del Par­tito Socia­li­sta che non cam­bie­rebbe le poli­ti­che di auste­rità e di attacco allo stato sociale.

Il voto ammi­ni­stra­tivo ha sep­pel­lito la cami­cia di forza del bipar­ti­ti­smo, in cui si esau­ri­vano le pos­si­bi­lità di reali alter­na­tive. Ma pos­si­bi­lità non signi­fica cer­tezza. Le destre pos­sono recu­pe­rare, facendo leva sui segni di ripresa in corso, soprat­tutto impe­dendo il dis­senso con leggi come quella sull’ordine pub­blico o demo­niz­zando Pode­mos. Alle ele­zioni poli­ti­che gli spa­gnoli non sce­glie­ranno solo se cam­biare o pro­se­guire con la destra, ma anche la natura e la pro­fon­dità del cam­bia­mento, che dipen­derà da chi, fra Pode­mos e Psoe, risul­terà il par­tito più votato. In que­sto sce­na­rio si è aperta la discus­sione su quali siano le scelte più effi­caci per far pre­va­lere chi chiede un cam­bia­mento radicale.

La domanda sem­bra banale: è più effi­cace, per vin­cere le ele­zioni, sce­gliere la strada di un pro­cesso par­te­ci­pa­tivo che parte dal basso capace di con­ti­nuare la strada di cam­bia­mento dei nuovi comuni, pro­muo­vendo una lista di unità popo­lare, o è meglio pun­tare sul solo par­tito di Pode­mos? Il gruppo diri­gente di Pode­mos ha per ora escluso la pos­si­bi­lità di fare un passo indie­tro, per pre­sen­tare liste come quelle rea­liz­zate a Madrid e Bar­cel­lona. La dire­zione del par­tito ha defi­nito il rego­la­mento per le pri­ma­rie che dovranno eleg­gere entro luglio sia il can­di­dato alla pre­si­denza del con­si­glio che i par­la­men­tari, pri­ma­rie aperte anche a per­sone iscritte ad altri par­titi. Nel corso del Foro per il Cam­bia­mento che Pode­mos ha svolto sabato scorso a Madrid, 32 tavoli di lavoro e 80 ore di dibat­tito, tutti i diri­genti sto­rici hanno riba­dito che Pode­mos è il solo par­tito che può con­qui­stare il governo del paese.

Que­sta scelta non ha con­vinto, come era pre­ve­di­bile, forze come Izquierda Unida e gli eco­lo­gi­sti di Equo. Non ha per­suaso, però, nean­che mili­tanti dello stesso Pode­mos e soprat­tutto atti­vi­sti di quei movi­menti sociali che sono stati alla base del suc­cesso nelle ammi­ni­stra­tive. Lo stesso rego­la­mento per le pri­ma­rie non ha con­vinto alcuni diri­genti dei ter­ri­tori, che con­te­stano la deci­sione di eleg­gere can­di­dato pre­mier e par­la­men­tari in un’unica cir­co­scri­zione nazio­nale e non su basi ter­ri­to­riali. Da più di una set­ti­mana que­sta insod­di­sfa­zione si è tra­dotta in una ini­zia­tiva cit­ta­dina, dal signi­fi­ca­tivo nome Ahora en Común che in poco tempo ha rac­colto oltre 25mila adesioni.

A favore dell’iniziativa è uscito un mani­fe­sto fir­mato da 120 per­so­na­lità del mondo della cul­tura, primo fir­ma­ta­rio il regi­sta Almo­do­var. Ahora en comun è ispi­rata dalla con­vin­zione che il suc­cesso sta nell’unione delle diver­sità, creando spazi per tutte le per­sone e le forze poli­ti­che che lavo­rano per il cam­bia­mento.
Izquierda Unida, che ha recen­te­mente appro­vato la scelta di rinun­ciare a pre­sen­tarsi per favo­rire liste di unità popo­lare, ha appog­giato il pro­getto, negando di esserne l’ispiratrice. Il lea­der di Pode­mos l’ha invece bol­lata come ten­ta­tivo di som­mare par­titi in crisi e di voler rin­chiu­dere il biso­gno di cam­bia­mento in una per­dente coa­li­zione di sini­stra, chia­rendo che non si sente moral­mente obbli­gato a sal­vare la sinistra.

Va detto che que­sta indi­spo­ni­bi­lità è con­trad­detta in alcune cir­co­scri­zioni, come Galiza, Cata­lu­nya, Euskadi y País Valen­cià, nelle quali è pro­prio Pode­mos a pro­porre scelte di con­ver­genza con altre forze, rinun­ciando alla pro­pria lista. Ahora en Común con­ti­nuerà a lavo­rare sulla sua pro­po­sta con­vinta che rac­colga il biso­gno di unità già accla­rato nei risul­tati elet­to­rali delle ammi­ni­stra­tive, negando di essere un fetic­cio o una zuppa di sigle di par­titi in crisi o solo un sogno romantico.

Senza met­tere in discus­sione la cen­tra­lità di Pode­mos come prin­ci­pale realtà in grado di scon­fig­gere le destre e il pro­getto mode­rato dei socia­li­sti, ma con la con­vin­zione che solo liste di unità popo­lare pos­sono mol­ti­pli­care i voti. L’inasprimento dei toni potrebbe appro­dare alla pre­sen­ta­zione di più liste, risul­tato nefa­sto per tutti, a solo van­tag­gio del Psoe e dello stesso Pp.
Ahora en Común ha già dichia­rato che se non si riu­scisse a coin­vol­gere anche il par­tito di Igle­sias l’iniziativa sarebbe da con­si­de­rarsi fal­lita. Tro­vare un punto di intesa, anche per far fronte ad una legge elet­to­rale con­ce­pita per favo­rire il bipartitismo.

In molte cir­co­scri­zioni non unire le forze può signi­fi­care non eleg­gere rap­pre­sen­tanti, com­pro­met­tendo il risul­tato complessivo.

La discus­sione per essere feconda non può essere rin­chiusa negli stec­cati degli incon­tri di ver­tice, deve coin­vol­gere elet­tori e elet­trici, una discus­sione che aiuti a inven­tare la for­mula più effi­cace per vin­cere e defi­nire fisio­no­mia e con­te­nuti con cui si vuole cam­biare la Spagna.

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