Fascismo da museo a Predappio

Un polo di documentazione dedicato al Ventennio da realizzare entro il 2019 nell’ex Casa del fascio: il sindaco (Pd) sfida le polemiche, il governo finanzia con 2 milioni. L’Anpi rilancia: un centro studi sulle dittature del 900 e sugli atroci crimini del fascismo

PREDAPPIO Il museo del fascismo di Predappio è una di quelle storie che si infilano nelle discussioni quasi per caso e poi non ne escono più: tra sparate e precisazioni, fughe in avanti e passi indietro, alla fine capirci qualcosa diventa difficile e le buone intenzioni ci mettono un attimo a diventare pessime rappresentazioni.

Andiamo con ordine: benvenuti a Predappio, paese natale di Benito Mussolini, seimila anime a sud di Forlì, meta preferita dei nostalgici di tutto il paese che periodicamente vanno a visitare la casa dove nacque il duce o la cripta che ne conserva le spoglie. In mezzo: negozi di souvenir con abbondanza di paccottiglia fascistoide.

Al di là di questo, Predappio sarebbe anche un paese, per così dire, di compagni, con Pci-Pds-Ds-Pd saldamente al timone del municipio più o meno da sempre.

La questione del museo del fascismo, da mettere in piedi all’interno dell’ex Casa del fascio all’uopo restaurata, è esplosa qualche giorno fa dopo un paio di articoli usciti sulla Stampa e sul Corriere della Sera: si tratterebbe, nello specifico, di un «centro di documentazione» di 2.700 metri quadrati con una torre alta 40 metri, tre piani circondati di marmi e facciata in stile razionalista.

Costo dell’operazione: circa 5 milioni di euro, una parte dei quali dovrebbe metterli il governo.

Cosa ci sarà dentro? Non si sa bene. O meglio, per ora si sa quello che non ci dovrebbe essere.

Dice l’assessore alla Cultura della Regione Emilia Romagna Massimo Mezzetti: «Non un museo statico, ancor meno nostalgico o rievocativo, ma un centro vivo di riflessione, studio, documentazione e divulgazione contro tutte le forme di dittatura», qualsiasi cosa voglia dire.

L’Anpi, in un comunicato, la mette in modo leggermente diverso, precisando di aver partecipato «alla discussione del progetto esclusivamente come osservatore» e che comunque «la nostra posizione è di ferma contrarietà a qualsiasi iniziativa celebrativa del fascismo. Altro sarebbe, da esempio, l’ipotesi di dar vita a un centro studi sulle dittature del Novecento che evidenziasse, in particolar modo, l’aspetto preponderante del fascismo ossia gli atroci crimini commessi nel corso di tutta la sua esistenza».

Andando indietro di qualche mese viene fuori che lo ‘scoop’ appartiene alFoglio, che diede la notizia lo scorso settembre, con un intervista al sindaco di Predappio Giorgio Frassinetti. Definito «renziano di ferro», il primo cittadino spiegò la questione con un tono da «se avanzo seguitemi» non esattamente edificante: «Non possiamo cancellare la storia, questa è una battaglia culturale» e ancora: «Il nostro paese si comporta spesso come un bambino che dopo una brutta esperienza decide di farla cancellare e fare finta di nulla. Chi si comporta così nasconde un problema. Io voglio un museo del fascismo, anche se so che museo non è la parola giusta perché monumentalizza, celebra, e io voglio soltanto raccontare, mettere in mostra».

Frassinetti così arriva a definire «stronzate» le perplessità di chi teme che in questo modo Predappio potrebbe trasformarsi sul serio nella Medjugorje dei neofascisti italiani.

La conclusione dell’intervista fa il resto: «So già che ci saranno polemiche. Ma so già anche che la storia un giorno dirà che avevo ragione. Io sono di sinistra, con una formazione fortemente di sinistra. Non ho paura di critiche e contestazioni».

Frassinetti sostiene di essere in costante contatto con Roma, visto che il dossier sarebbe già nelle mani del sottosegretario Luca Lotti. La settimana prossima, nel paesino romagnolo, dovrebbero arrivare dei tecnici inviati direttamente da Palazzo Chigi per valutare se e come intervenire.

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