Le sinistre europee sono ceto politico, non ci sono più leader sociali, dice Marco Revelli
ROMA. «Il renzismo è morto, il tentativo di Pisapia è patetico. Bersani e D’Alema parlano quando ormai è troppo tardi. E l’unica sinistra possibile è quella di Tsipras o di Podemos». Il giudizio di Marco Revelli, storico e ordinario di Scienza della Politica all’università del Piemonte Orientale, è netto: per tornare a vincere, la sinistra deve prima esistere.
Revelli, vuol dire che oggi in Italia la sinistra non c’è più?
«Esatto, si è suicidata, ha mancato tutti gli appuntamenti. Non possiamo più definire di sinistra il Pd, dopo il drammatico esperimento renziano, con le politiche di questi 1000 giorni dal Jobs Act alla buona scuola, fino all’attacco frontale alla Costituzione ».
C’è troppa distanza dal mondo del lavoro?
«Basta ascoltare quello che dice il ministro Poletti: il giudizio che ha dato sui giovani costretti a emigrare lo colloca sul fronte opposto a quello di una vera sinistra. O pensiamo alla vergogna dei voucher, uno strumento per comprare forza lavoro dal tabaccaio al prezzo di un pacchetto di sigarette».
Quindi? Non si salva nessuno?
«Purtroppo pure quei frammenti che si definiscono la sinistra della sinistra non sono credibili per le loro infinitesime dimensioni. Nemmeno l’opposizione interna al Pd può essere un’alternativa».
E la proposta di Pisapia?
«È la più patetica, fuori luogo e fuori tempo, è destinata ad avere risonanza solo fra gli addetti ai lavori. L’associazione poi alla dichiarazione di voto per il Sì al referendum l’ha privata definitivamente di credibilità ».
Non la convincono nemmeno Bersani e D’Alema?
«Sono in ritardo, un clamoroso ritardo di consapevolezza. Per usare una metafora bersaniana, entrambi parlano alle stalle vuote, quando le mucche ormai sono scappate».
Perché la sinistra ha perso la sua identità?
«Il peccato originale della sinistra occidentale è quello di aver accettato, nel passaggio tra il ‘900 e il nuovo secolo, il paradigma neoliberista come uno scenario indiscutibile. Ha sottovalutato gli effetti della globalizzazione, massacrando la base e sanzionando la fine del suo radicamento sociale».
E da noi c’è stata una narrazione sbagliata del Paese?
«In Italia il linguaggio della sinistra si è identificato nell’establishment. E il simbolo di questa mutazione profonda è stato l’abbraccio mortale fra Matteo Renzi e Sergio Marchionne. L’unico che sa dare voce ai sentimenti della gente è il capo della Fiom Maurizio Landini. Tutte le sinistre europee sono ceto politico, non ci sono più leader sociali».
Senza nessuna eccezione?
«La Grecia di Tsipras e la Spagna, con Podemos a Madrid e Barcellona, sono gli unici casi in cui una sinistra di alternativa è al governo, fra l’altro in spaventosa solitudine. Sono esempi difficili, ma gli unici possibili da cui ripartire».
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