Il ’68 raccontato a ragazze e ragazzi, abbecedario rivoltoso di una generazione

SCAFFALE. Marco Grispigni per manifestolibri. Gli studenti che oltre 50 anni fa affrontarono la polizia a Valle Giulia, regalando al ’68 italiano la sua data simbolo, erano intorno ai vent’anni

Gli studenti che oltre 50 anni fa affrontarono la polizia a Valle Giulia, regalando al ’68 italiano la sua data simbolo, erano intorno ai vent’anni. Ma quelli che, dopo la pausa estiva, avrebbero gonfiato le acque del movimento come un fiume in piena, stavano invece tra i quattordici e i diciotto anni. L’impresa tentata da Marco Grispigni con il suo Il ’68 raccontato a ragazze e ragazzi (manifestolibri, pp. 78, euro 14) significa dunque parlare ai giovanissimi del XXI secolo di una rivolta, quasi una rivoluzione, fatta da giovanissimi. Significa raccontare un movimento mondiale che in uno dei suoi fronti principali, quello americano, aveva tra i suoi slogan cardine lo sprezzante «Non fidatevi di nessuno sopra i 30».

IL COMPITO non richiede solo estrema capacità di sintesi: reclama l’abilità empatica necessaria per mettere a punto uno stile e un linguaggio tali non solo da dialogare con la platea dei lettori d’oggi ma anche per restituire nello stile, oltre che nelle informazioni, la realtà di quel Movimento, che spesso sfugge a testi più approfonditi ed esaustivi. Grispigni ci riesce, forse perché non è solo uno storico che da sempre studia i movimenti del decennio rosso, dal 1968 al 1977, ma spazia spesso e volentieri nel contesto, nella lunga fase precedente che non fu affatto solo incubazione.

Gli anni scintillanti dei capelloni e delle minigonne, delle droghe psichedeliche e del rock, delle suggestioni nuove che arrivavano dai provos olandesi o dagli hippies d’America. Le «parole chiave», all’analisi delle quali è dedicata una sezione dell’«abbecedario» di Grispigni, è indicativa: «Antiautoritarismo», «Generazione», «Femminismo» (con la confutazione del luogo comune per cui il ’68 non sarebbe stato sfiorato dalla rivolta delle donne arrivata solo nei ’70), «Rivoluzione/violenza», «Sesso, droga e rock’n’roll».

Sia pure nei limiti di un progetto che certo non ambisce all’esaustività, Grispigni riesce a inquadrare l’anno fatale nel suo doppio contesto: quello cronologico rintracciando le spinte preesistenti che confluiscono nel ’68, e quello spaziale, rendendo conto del carattere mondiale della rivolta ma anche facendo emergere le differenze tra le diverse realtà nazionali. La primavera di Praga non è la rivolta dei ghetti americani, il maggio francese e l’insurrezione popolare contro la guerra nel Vietnam si sovrappongono solo in parte.

Lo specifico italiano, l’elemento che permetterà al ’68 italiano di andare oltre il brindisi di capodanno’69, reso tragico dagli spari di fronte alla Bussola, è il saldarsi della rivolta studentesca con quella operaia, sospinta a propria volta dai giovani operai cresciuti nella stessa cultura «giovanile» che aveva fatto da culla e incubatrice al movimento degli studenti.

PUR SENZA AFFONDARE lo scandaglio nell’illustrazione accademica, questa storia sintetica ma non superficiale né pressapochista del ’68 fa emergere sia le differenze che i punti di contatto tra le diverse facce di quell’anno e di quei movimenti. Grazie a una grafica colorata e mossa, a una raccolta di citazioni che non si ferma ai volantini ma pesca tanto nei volumi dotti quanto nei testi delle canzoni e a una cronologia finale ridotta all’essenziale ma efficace, restituisce ai suoi «lettori ideali», una generazione che di quel momento storico riassunto in un anno sente parlare molto ma sa poco, qualcosa in più della semplice ricapitolazione dei fatti accompagnata da una adeguata contestualizzazione. Offre l’istantanea del sentimento di fondo, la vitalità, l’urgenza di cambiare tutto. Racconta a ragazze e ragazzi non la cronaca ma l’anima del ’68.

* Fonte: Andrea Colombo, IL MANIFESTO

You may also like

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password