Il giorno più brutto per Bolo­gna

Lo sgombero all’ex Telecom. Il sindaco prova a smarcarsi dall’azione di forza. Polizia sotto accusa per la «brutalità dell’operazione». Pronto un esposto alla Corte europea

Bolo­gna. Il Comune pensa all’accoglienza degli sgom­be­rati, gli ex occu­panti gui­dati dal col­let­tivo Social Log pre­pa­rano un espo­sto alla Corte euro­pea dei diritti umani con­tro le vio­lenze della poli­zia. Se a Bolo­gna due giorni fa 250 per­sone sono state costrette con la forza a lasciare una palaz­zina occu­pata in cui vive­vano dal dicem­bre 2014, ieri è toc­cato alle dichia­ra­zioni e alle con­fe­renze stampa.

Il Comune di Bolo­gna ha riven­di­cato la linea del rispetto della lega­lità e, nello stesso tempo, della soli­da­rietà nei con­fronti dei più deboli, e ha pre­sen­tato i numeri dell’accoglienza garan­tita a tutti gli ex abi­tanti della palaz­zina sgom­be­rata. Ottanta per­sone (la metà mino­renni) sono state tra­sfe­rite in un resi­dence di pro­prietà dell’Inail preso in affitto dal Comune pro­prio per gestire l’emergenza abi­ta­tiva in città. Altri cento per almeno dieci giorni potranno stare negli alber­ghi cit­ta­dini. Il resto nei dor­mi­tori.
«Lavo­riamo per­ché non ci siano più sgom­beri con la forza», ha detto il sin­daco Vir­gi­nio Merola per poi aggiun­gere che que­sto, però, «non dipende solo dal Comune ma anche da tutti gli altri attori».

Come dire: se la pros­sima volta la que­stura si pre­sen­terà «in assetto da guerra» (l’espressione è del sin­daco) non sarà una cosa voluta dal Comune. E potrebbe suc­ce­dere di nuovo, visto che in città ci sono altre grandi occu­pa­zioni abi­ta­tive su cui pende da tempo un decreto di seque­stro che aspetta solo di essere eseguito.

Sul rap­porto tra Palazzo D’Accursio e que­stura Merola il primo cit­ta­dino bolo­gnese non ha però voluto dire nulla. «Non c’è nes­sun pro­blema», ha rispo­sto visi­bil­mente alte­rato a chi gli chie­deva chia­ri­menti sulla que­stione. «Per noi — ha con­cluso il sin­daco — non c’è nes­suna con­trad­di­zione tra uma­nità e ordine pub­blico. Se le due cose non vanno insieme, è un fal­li­mento che non ci riguarda».

Che qual­cosa non sia andato come doveva è però evi­dente. «È stato il giorno più brutto della mia vita», ha com­men­tato l’assessore al wel­fare Ame­lia Fra­sca­roli che ha assi­stito a tutte le ope­ra­zioni dal suo uffi­cio, esat­ta­mente di fronte alla palaz­zina ex Tele­com sgom­be­rata. «La trat­ta­tiva col Comune ci è sem­brata inu­tile — ha detto ieri l’avvocato degli ex occu­panti Marina Pro­speri — per­ché men­tre par­la­vamo, altrove suc­ce­deva altro». Pro­speri ha annun­ciato un espo­sto alla Corte euro­pea dei diritti umani e ha par­lato di un «un’operazione di poli­zia bru­tale, con uno spie­ga­mento di forze ingiu­sti­fi­cato e, al momento dell’ingresso, senza la media­zione degli assi­stenti sociali». «È la prima volta — ha con­cluso l’avvocato — che si vede uno sgom­bero del genere a Bologna».

Qual­che breve video gira in rete, imma­gini con­fuse ma tanto basta per far com­pren­dere la paura e il caos che c’era nei cor­ri­doi durante lo sgom­bero. E c’è anche un breve fil­mato che ha fatto indi­gnare molti in cui si vedono due agenti tra­sci­nare via un bam­bino di meno di dieci anni. Una occu­pante, uscendo dalla palaz­zina, ha detto di aver visto agenti col­pire durante la calca, non si sa se volon­ta­ria­mente o meno, una bam­bina già finita sotto un pan­nello di legno. Maria Elena, atti­vi­sta del col­let­tivo Social Log, ha par­lato invece di spin­toni, strat­to­na­menti e calci in fac­cia a per­sone già in terra. L’attivista ha rac­con­tato di porte aperte col fles­si­bile «quando ave­vamo chie­sto di non farlo per­ché c’era un bimbo attac­cato a un respi­ra­tore. Non ci hanno ascol­tato». Poi la parte più forte del rac­conto. «Gli agenti in assetto anti­som­mossa sono entrati senza la media­zione degli assi­stenti sociali e siamo finite tutte in terra per le loro spinte», e si parla anche di per­sone anziane e bam­bini. E ancora: «Hanno tirato su di peso le donne per i capelli o per il velo», hanno preso «a calci in fac­cia per­sone per terra», tanto che una ragazza di 18 anni è andata all’ospedale con la mascella rotta.

Non ci sono al momento imma­gini a testi­mo­niare il rac­conto. Per tutto il tempo i gior­na­li­sti sono stati tenuti lon­tani dalle ope­ra­zioni di sgom­bero. Maria Elena rac­conta di luci spente dagli agenti prima di entrare nelle stanze dove si erano rin­chiusi gli occu­panti. «Ci hanno anche pun­tato dei fari con­tro per impe­dirci di fil­mare. Comun­que ci sono cen­ti­naia di testi­moni ocu­lari di quel che è suc­cesso. Denun­ce­remo tutto».

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