Memoria o revisionismo. A Marzabotto le vere radici d’Europa

Le tante Marzabotto sparse nel vecchio continente, dalla Francia alla Russia, sono la testimonianza più viva di dove vadano cercate le radici di questa nostra Europa

In Europa troppo spesso si dimentica da quali tragedie ha tratto la forza, e si spera anche la convinzione, per cementare la coesione che, bene o male, la tiene assieme

A 75 anni dalla strage di Marzabotto si rinnova il dolore della memoria. Più che mai quest’anno l’occasione risulta particolarmente rilevante perché cade a ridosso della disgraziata dichiarazione del Parlamento europeo che equipara fascismo-nazismo e comunismo.

Mettendo di fatto sullo stesso piano fascismo e Resistenza.

La lontananza nel tempo dei fatti non solo non ha attenuato il loro ricordo ma permette oggi in prospettiva storica di misurare in tutta la loro complessità le implicazioni della memoria.

La prima considerazione necessaria riguarda il passaggio generazionale: oggi la memoria è affidata in gran parte ad una generazione che non ha vissuto i fatti che stiamo ricordando.

Questo è un buon segno perché significa che nell’avvicendamento delle generazioni non è andato perduto il filo della consapevolezza degli orrori che sono stati generati dalla seconda guerra mondiale, dal fascismo e dall’occupazione nazista.

Non si tratta di protrarre oltre ogni limite un atteggiamento di chiusura e di ostilità anche nei confronti della memoria dei responsabili dell’eccidio, ma di consolidare nella coscienza delle popolazioni interessate, con l’adesione al territorio, la consapevolezza degli oltraggi che quel territorio ha subito.

Bene hanno fatto il Consiglio comunale e la Sindaca di Marzabotto a denunciare con dignità e fermezza l’indecente manipolazione del Parlamento europeo e la cecità di quei sedicenti progressisti che ad essa si sono adeguati. I compromessi in politica si devono fare, ma i compromessi con la storia non sono altro che falsificazione.

L’esempio di Marzabotto segnala come meglio non si potrebbe dove si deve attingere per affondare le radici dell’identità europea.

Tra l’altro, le tante Marzabotto sparse nell’Europa, dalla Francia alla Russia, sono la testimonianza più viva di dove vadano cercate le radici di questa nostra Europa, che troppo spesso si dimentica da quali tragedie ha tratto la forza, e si spera anche la convinzione, per cementare la coesione che, bene o male, la tiene assieme.

L’associazione Marzabotto-Europa è un motivo di più per sollecitare gli eurodeputati a riflettere sulle origini del loro mandato e sulle responsabilità che comporta il loro esercizio. Vero è anche che l’Europa è spaccata in due e che una parte di essa tende a rimuovere un passato scomodo per anteporvi la memoria più recente di un passato ideologicamente più adeguato all’uso strumentale di una memoria mutilata da ciò che dovrebbe accumularla al resto dell’Europa.

Per noi Marzabotto è e rimane un simbolo, il simbolo non genericamente della guerra ma delle peggiori atrocità che nel suo contesto furono perpetrate indissolubili come erano dai regimi che ne furono artefici. Non è una distanza superficiale che ci separa dal pronunciamento del Parlamento europeo, c’è un profondo dissenso della prospettiva storica dalla quale guardare al passato dell’Europa. E dal quale quindi prendere le mosse per un futuro che non voglia accontentare tutti per non scontentare nessuno ma che possa segnare anche e soprattutto per le generazioni future una guida sicura e incontrovertibile. Forse domani sapremo se di tutto questo è consapevole anche Davide Sassoli.

* Fonte: Enzo Collotti, il manifesto

photo by Roberto Ferrari from Campogalliano (Modena), Italy [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)]

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