Intervista al sindaco: «Rijeka-Fiume è il porto delle diversità»

«La stella a 5 punte – che ricorda anche tutti gli antifascisti, compresi quelli italiani – è un’installazione della rassegna “L’era del Potere”»

Intervista a Vojko Obersnel. «Il nostro obiettivo è superare i confini», racconta il sindaco della città, Capitale europea della Cultura 2020.

RIJEKA. Meno di cento chilometri dividono Trieste da Rijeka-Fiume; due golfi bagnati dallo stesso mare per due storie che sono corse parallele per secoli e che continuano a incrociarsi. A volte qualche iniziativa o una parola sbagliata le fa scontrare.

Già in occasione della cerimonia per una statua dedicata a D’Annunzio a Trieste – proprio nel giorno del centenario della marcia su Fiume – c’era stata una scaramuccia tra i Sindaci delle due città e, adesso, ecco arrivata una nuova polemica.

Lunedì scorso al Sacrario della foiba di Basovizza, nel suo veemente intervento in diretta tv sull’esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, il Sindaco di Trieste (a maggioranza fascio-leghista) ha detto tra l’altro: «Se volgo lo sguardo oltre confine verso la bellissima città di Rijeka, un tempo Fiume, oggi capitale della cultura, non trovo nulla di culturalmente interessante, ma vedo solo un’esplicita e ulteriore offesa alle vittime del comunista Tito nel fatto che una grigia stella a cinque punte sorga nuovamente sul grattacielo che fu simbolo delle violenze contro l’umanità da parte del totalitarismo comunista. Quella stella, nella nostra memoria, ha solo il colore del sangue dei bambini, giovani, donne, uomini e anziani italiani trucidati o costretti a scappare dai comunisti titini». Inevitabile chiedere al Sindaco di Fiume, il socialdemocratico Vojko Obersnel un commento.

Perché quella stella signor sindaco, peraltro installazione temporanea solo per il 2020?

Rijeka ha ottenuto il titolo di Capitale europea della Cultura 2020 anche grazie a quella parte del programma dedicata a L’era del Potere. È la lunga e incredibilmente turbolenta storia di Rijeka: in meno di cent’anni ha cambiato sette nazionalità e tutte hanno lasciato tracce sul tessuto della città e nella memoria dei suoi cittadini.

Vuole dire che i tanti interventi urbanistici hanno anche voluto riproporre simboli significativi per la storia della città? Come l’aquila ricollocata sulla Torre civica?

L’aquila a due teste è presente nello stemma di Fiume, ratificato da Leopoldo I d’Asburgo e dominava dalla Torre la città già a metà ‘700; era stata rifatta nei primi anni del ‘900, vandalizzata dai legionari dannunziani e alla fine distrutta nel 1949. Tra gli interventi di riqualificazione urbana compiuti nella marcia di avvicinamento a Rijeka 2020 c’è anche l’averla rimessa al suo posto. Ricostruirla com’era è stato un lavoro lungo e difficile ma sono sicuro che ne è valsa la pena.

E quindi anche la stella titina? Non è necessariamente un bel ricordo per i cittadini di Rijeka ma il programma costruito intorno all’era del potere non è nato per cambiare, giudicare o esaltare la storia. È una occasione per fermarsi e vedere, anche così, i fatti storici che si sono succeduti. La stella a cinque punte è una installazione artistica che porta tante connotazioni: un simbolo della lotta contro il fascismo, un ricordo di tutti gli antifascisti, compresi quelli italiani, che hanno combattuto per la libertà dell’umanità ed è anche un ricordo dei quasi 3.000 combattenti antifascisti che sono morti nella battaglia per liberare Rijeka dai fascisti e dalla loro terrificante ideologia che, giustamente e per sempre, è stata condannata da tutto il mondo liberale.

Sono stati anni feroci…

Non vogliamo nascondere; quello che vogliamo è condannare tutti i crimini, indipendentemente da chi o quale regime li ha commessi. Vogliamo ricordare che il crimine genera crimine. A Podhum, il villaggio accanto a Rijeka, i fascisti hanno ucciso centinaia di abitanti, i sopravvissuti sono stati deportati, il villaggio bruciato. Lo stesso è successo anche a Lipa, un altro villaggio qua vicino, dove uccisero più di 300 persone tra le quali un bambino di appena 6 mesi. Migliaia di persone sono state uccise nei campi di concentramento a Buccari, Arbe e ancora nella Risiera di San Sabba a Trieste. Questi e molti altri crimini hanno generato le vendette alla fine della guerra che ancora hanno portato morte a persone innocenti.

C’è voluto tempo ma sono arrivati anche anni di rinnovata convivenza: i confini non sembrano ormai sempre più evanescenti?

È stato possibile cambiare i confini fisici, qualche volta con l’uso della forza, qualche volta con i trattati. Trieste e Rijeka lo sanno molto bene. Sono i confini che costruiamo dentro di noi che sono difficili da cambiare. Uno degli obiettivi di Rijeka 2020 è proprio quello di superare questi confini e di farlo attraverso la cultura. Non a caso il titolo che abbiamo scelto per questo anno speciale è Il porto delle diversità: vogliamo affermare che proprio nella diversità c’è ricchezza.

Anche la programmazione degli eventi, allora, ruota intorno a questa amalgama di diversità?

Certo. 300 programmi turistici e più di 600 eventi pensati per persone cosmopolite. Se il mio collega sindaco di Trieste leggesse l’intero programma o almeno se ne informasse meglio, gli sarebbe chiaro che qui non c’è nessuna ideologia e men che meno quella comunista.

È quasi sera e l’appuntamento di gala è con la Venice Baroque Orchestra nel bel teatro di fine ‘800 “Ivan de Zajc”: musiche di Vivaldi, Corelli e Geminiani, al violino Giuliano Carmignola con il suo Guarneri. Un imperdibile omaggio all’Italia, senza dubbio.

* Fonte: Marinella Salvi, il manifesto

 

ph by Roberta F. [CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

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