Cile. L’Italia condanna tre aguzzini di Pinochet nel processo sul Plan Condor

Colonia Dignidad

America latina. Sentenza definitiva per tre ex militari cileni, per altri 19 si deve attendere l’8 luglio. Uccisero Juan Montiglio e Omar Venturelli. La Procura di Roma ha inoltrato al governo di Santiago i mandati di arresto. I familiari sperano in pressioni italiane per l’estradizione

Ci sono voluti 48 anni, ma le famiglie di Juan José Montiglio e Omar Venturelli, desaparecidos in Cile sotto la dittatura di Pinochet, hanno finalmente ottenuto giustizia. La Procura generale di Roma ha inoltrato al governo del Cile il mandato di arresto per Rafael Ahumada Valderrama, 76 anni, Orlando Moreno Vásquez, 80, e Manuel Vásquez Chahuan, 75, condannati in via definitiva dal Tribunale di Roma per l’omicidio e la sparizione dei due cittadini italiani.

I tre ex militari cileni erano già stati condannati all’ergastolo dalla Corte d’Appello di Roma l’8 luglio 2019 insieme ad altri 21 repressori, tutti riconosciuti colpevoli del sequestro e l’omicidio di 23 cittadini di origine italiana residenti in Bolivia, Cile, Perù e Uruguay, nell’ambito del processo sul Plan Condor, l’accordo di cooperazione tra gli organi di repressione dei regimi militari latinomericani sostenuto dal Dipartimento di Stato Usa.

Un processo iniziato nel 1999 per iniziativa del procuratore Giancarlo Capaldo, a seguito delle denunce dei familiari delle vittime di origine italiana, sequestrate, torturate e fatte sparire dagli squadroni della morte e dai servizi militari e di polizia delle feroci dittature latinoamericane.

Per i tre ex militari cileni la condanna è già diventata definitiva, non avendo i loro difensori presentato ricorso in Cassazione. Per gli altri, scesi nel frattempo a 19 dopo i decessi dell’ex ministro dell’Interno boliviano Luis Arce Gómez e dell’uruguayo José Horacio “Nino” Gavazzo Pereira, bisognerà aspettare il prossimo 8 luglio, quando la Corte di Cassazione si dovrà pronunciare sul loro ricorso.

Ma la vera novità, come ha dichiarato l’avvocato Giancarlo Maniga, legale della parte civile nel caso Venturelli, nella conferenza stampa convocata ieri online dall’Associazione 24marzo, «non è tanto nella condanna definitiva alla pena massima, quanto nella possibilità che queste condanne vengano stavolta eseguite. La speranza è che l’Italia proceda con le richieste di estradizione e che il Cile confermi di volersi realmente affrancare dagli anni della dittatura, come sta ora cercando di fare attraverso una nuova Costituzione».

E un’altra novità, sotto il profilo giudiziario, è il fatto che sia stata riconosciuta la responsabilità «non solo dei vertici militari, ma anche dei quadri intermedi», come ha evidenziato Maria Paz Venturelli, figlia di Omar, auspicando che il governo eserciti ogni tipo di pressione per «ottenere che questa sentenza sia effettiva, questo sì sarebbe di importanza storica».

Ma in occasione della condanna dei loro carnefici non si può non onorare ancora una volta le vittime. Il socialista di origini piemontesi Juan José Montiglio era capo del Gap, la piccola «Guardia degli amici del presidente», una trentina di giovani che dovevano occuparsi della difesa personale di Salvador Allende e che erano riusciti a tener testa per quasi otto ore a soldati, carri armati e aerei.

Arrestato alla morte del presidente dopo il bombardamento de La Moneda dai militari di Pinochet, era stato poi visto insieme ad altri prigionieri al Regimento Tacna e, dopo due giorni di percosse e torture, fucilato, con altri collaboratori di Allende, nel poligono di tiro a Peldehue.

Omar Venturelli, uno dei sacerdoti che aveva accompagnato i mapuche nell’occupazione delle terre regalate ai coloni europei e per questo sospeso a divinis dal vescovo Bernardino Piñera (zio dell’attuale presidente), era entrato nel Movimiento de Izquierda Revolucionaria, si era sposato con Fresia Cea Villalobos ed era diventato professore all’Università Cattolica di Temuco. Pochi giorni dopo il golpe, inserito in una lista di ricercati, era stato convinto dal padre a consegnarsi spontaneamente alle autorità alla Caserma Tucapel, dove si sarebbero perse le sue tracce il 10 ottobre del 1973.

* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto

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