Bal­ti­mora: i risultati di una lunga storia di repressione

Le rivolte, i saccheggi, gli incendi sono oggi a Baltimora, come qualche mese fa a Ferguson nel Missouri, ma potrebbero accadere ovunque nelle comunità afroamericane dove la vita non è cambiata di un soffio dalle elezioni del 2008 in poi

Alla Casa Bianca siede Barack Obama, il mini­stro della Giu­sti­zia è una donna afroa­me­ri­cana, Loretta Lynch, il sin­daco di Bal­ti­mora, Ste­pha­nie Rawlings-Blake, è nera anche lei, ed è afroa­me­ri­cano il capo della poli­zia Anthony Batts, com’è natu­rale che sia in una città dove due terzi della popo­la­zione ha la pelle scura. Ma tutto que­sto non ha cam­biato nulla negli anni: i 3.080 poli­ziotti di Bal­ti­mora (per una città con poco più di 600.000 abi­tanti) hanno una tra­di­zione di vio­lenze a danno degli afroa­me­ri­cani che non nasce certo con la morte di Fred­die Gray dieci giorni fa.

Risal­gono addi­rit­tura al 1959 e al cele­bre capo della poli­zia di allora James Hep­bron le accuse di fal­si­fi­ca­zione delle prove, inter­cet­ta­zioni ille­gali, vio­lenze con­tro cit­ta­dini disar­mati, bru­ta­lità con­tro vec­chi e bam­bini (nel solo 2007 furono arre­stati Venus Green, 87 anni, per aver cer­cato di aiu­tare il nipote ferito, e Gerard Mungo, anni 7, per essere andato in bici­cletta). Negli ultimi quat­tro anni, la città ha pagato 5,7 milioni di dol­lari come risar­ci­mento a oltre 100 per­sone arre­state ingiu­sta­mente o pic­chiate dalla polizia.

Le rivolte, i sac­cheggi, gli incendi sono oggi a Bal­ti­mora, come qual­che mese fa a Fer­gu­son nel Mis­souri, ma potreb­bero acca­dere ovun­que nelle comu­nità afroa­me­ri­cane dove la vita non è cam­biata di un sof­fio dalle ele­zioni del 2008 in poi. Un tempo città indu­striale e porto fra i più affol­lati degli Stati Uniti, Bal­ti­mora è oggi cele­bre solo per la serie tele­vi­siva The Wire, e per le sue squa­dre di foot­ball (i Ravens) e di base­ball (gli Orio­les) men­tre l’economia sta­gna e il 37% dei suoi bam­bini vive in povertà. I gio­vani afroa­me­ri­cani non hanno oggi più pos­si­bi­lità di andare a scuola, di tro­vare un lavoro decente, di for­mare una fami­glia di quante ne aves­sero anni fa, al contrario.

A livello nazio­nale, la povertà è aumen­tata rego­lar­mente nel 2009, 2010, 2011, si è sta­bi­liz­zata nel 2012 e nel 2013, quando riguar­dava il 15,8% della popo­la­zione ame­ri­cana. A Bal­ti­mora, però, è quasi il 24% e nel cen­tro sto­rico ci sono quar­tieri dove supera il 55%.

I casi di omi­ci­dio di gio­vani afroa­me­ri­cani negli ultimi mesi hanno rive­lato una bru­ta­lità della poli­zia che non è casuale: è il risul­tato di una lunga sto­ria di poli­ti­che repres­sive in cui la mag­giore respon­sa­bi­lità la por­tano i demo­cra­tici ame­ri­cani, osses­sio­nati dal suc­cesso dei repub­bli­cani nell’usare il tema “legge e ordine” fin dal 1968. Sono stati infatti i demo­cra­tici come Ted Ken­nedy a intro­durre negli anni Set­tanta le leggi di riforma che aumen­ta­vano le pene per reati minori, in par­ti­co­lare legati al con­sumo di stu­pe­fa­centi, men­tre fu durante la pre­si­denza Clin­ton, negli anni Novanta, che si affermò l’osceno prin­ci­pio delle leggi note come “Three stri­kes and you are out” che man­dano all’ergastolo chi com­metta tre reati vio­lenti o (in Cali­for­nia) qual­siasi tipo di reato.

Tutti i pre­si­denti hanno con­ti­nuato la poli­tica di mili­ta­riz­za­zione delle forze di poli­zia (che negli Stati Uniti dipen­dono dai governi locali) con la ces­sione di mezzi mili­tari dismessi dal Pen­ta­gono, l’addestramento, la rinun­cia a inter­ve­nire sulle pro­ce­dure stan­dard degli arre­sti e delle deten­zioni dei cit­ta­dini, men­tre tutti igno­ra­vano le gros­so­lane vio­la­zioni della Costi­tu­zione com­messe in nome della “guerra alla droga” (a sua volta tra­sfor­mata in ope­ra­zioni mili­tari sia all’interno che all’estero). Il pre­de­ces­sore di Loretta Lynch come Attor­ney Gene­ral, Eric Hol­der, aveva avviato nel 2013 un mode­sto pro­gramma per ricon­durre alla “nor­ma­lità” la lotta con­tro gli stu­pe­fa­centi ma ben poco è cam­biato e il tema non sem­bra fra le prio­rità dell’amministrazione Obama, che comun­que potrebbe fare ben poco per cam­biare leggi dei sin­goli stati o i rego­la­menti dei sin­goli dipar­ti­menti di polizia.

C’è quindi poco da atten­dersi dalle inda­gini sulla morte di Fred­die Gray, così come nulla è acca­duto dopo quella di Michael Brown a Fer­gu­son e quella di Eric Gar­ner a New York: gli Stati Uniti non vogliono ancora rimet­tere in discus­sione una poli­tica repres­siva che ha le sue ori­gini lon­tano nel tempo.

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