Il caso di Victor Jara, il suo assassino processato in Florida

Cile. Victor Jara era anche un militante del Partito comunista del Cile, che ha pagato un alto prezzo in termini di militanti uccisi. Allende lo nominò ambasciatore culturale

Un canto eterno fra grida di morte. Un canto che chiede giu­sti­zia per dire: «mai più». Vic­tor Jara è stata una delle voci più forti della sini­stra lati­noa­me­ri­cana degli anni ’70. Le sue can­zoni poe­ti­che e ribelli hanno accom­pa­gnato la pri­ma­vera allen­di­sta, stron­cata dal colpo di stato in Cile, l’11 set­tem­bre del 1973.

Nei rastrel­la­menti decisi imme­dia­ta­mente dal gene­rale Augu­sto Pino­chet, finì anche il can­tau­tore. Dopo cin­que giorni di tor­ture, durante i quali trovò modo di scri­vere ancora can­zoni, venne ucciso il 16 set­tem­bre. I suoi aguz­zini gli spa­ra­rono circa 40 pro­iet­tili. Il colpo di gra­zia alla testa, arrivò dopo una rou­lette russa. A spa­rarlo fu Pablo Bar­rien­tos, un ex uffi­ciale dell’esercito. L’aguzzino è stato iden­ti­fi­cato da uno dei suoi subor­di­nati, il sol­dato Adolfo Pare­des, durante una depo­si­zione resa alla magi­stra­tura cilena nel 2009.

Nel 2012, il magi­strato cileno tito­lare dell’inchiesta ha incri­mi­nato for­mal­mente il tor­tu­ra­tore per l’omicidio di Vic­tor Jara. Intanto, anche gra­zie all’infaticabile lavoro della fami­glia e delle asso­cia­zioni per i diritti umani, durante una tra­smis­sione tele­vi­siva, negli Stati uniti, venne fuori che il tor­tu­ra­tore viveva tran­quil­la­mente in Flo­rida. Si occu­pava di com­pra­ven­dite di auto­mo­bili fin dagli anni ’90, dopo la fine della dit­ta­tura (1973–1990). L’ex mili­tare è ora un cit­ta­dino Usa. Si è recato negli Stati uniti nel 1989. Oggi ha 66 anni e risiede a Del­tona, nel nord della Florida.

Da quel momento, si è messo in moto il Cen­tro di giu­sti­zia e respon­sa­bi­lità, un’organizzazione inter­na­zio­nale che si pro­pone di por­tare in tri­bu­nale i respon­sa­bili di vio­la­zioni dei diritti umani in tutto il mondo.

L’organismo ha già soste­nuto altre cause cele­bri, come quella dell’assassinio di un gruppo di gesuiti (cin­que dei quali spa­gnoli), in Sal­va­dor, al tempo dei mili­tari, e quello dell’arcivescovo Oscar Romero, nel 1989.

Nel 2013, la vedova del can­tau­tore, Joan Jara, e sua figlia Amanda, ave­vano messo in moto la denun­cia, accu­sando Bar­rien­tos di assas­si­nio extra­giu­di­zia­rio, tor­tura e cri­mini di lesa uma­nità. Mar­tedì scorso, un giu­dice di Orlando, Roy Dal­ton, ha deciso di pro­ce­dere con­tro l’ex tor­tu­ra­tore. Si farà quindi il pro­cesso, ma non per il cri­mine di lesa uma­nità, un delitto imprescrivibile.

La difesa della fami­glia Jara ha detto di essere «delusa», per­ché «l’assassinio di Vic­tor Jara e le migliaia di cri­mini com­messi durante il regime di Pino­chet dovreb­bero essere chia­mati per quello che sono: un cri­mine di lesa umanità».

Jara ha fatto parte delle migliaia di oppo­si­tori eli­mi­nati dalla dit­ta­tura. Il giorno dopo il golpe, venne arrestatoall’Università tec­nica di stato (Ute) dove inse­gnava, e poi por­tato allo sta­dio del Cile tra­sfor­mato in campo di con­cen­tra­mento dai mili­tari. Bar­rien­tos pre­stava ser­vi­zio nel reg­gi­mento Tejas Verde, un’unità allora coman­data dal colon­nello Manuel Con­tre­ras, che si recò a San­tiago per appog­giare il golpe delle forze armate con­tro Sal­va­dor Allende. Bar­rien­tos ha sem­pre negato che il suo distac­ca­mento chia­mato Bronce fosse di stanza allo stadio.

Vic­tor Jara era anche un mili­tante del Par­tito comu­ni­sta del Cile, che ha pagato un alto prezzo in ter­mini di mili­tanti uccisi. Allende lo nominò amba­scia­tore cul­tu­rale. Nel 2013, la rivi­sta sta­tu­ni­tense Rol­ling Stone ha incluso Jara nella sua lista dei «15 ribelli del Rock & Roll».

Pur avendo le mani ferite dalle tor­ture, Vic­tor Jara ha con­ti­nuato a scri­vere e a can­tare, facendo infu­riare di più i suoi aguz­zini. Scri­veva su un bloc­chetto che era riu­scito a nascon­dere e che, prima di morire, riu­scì a pas­sare a uno dei com­pa­gni che poi si salvò. Oggi i suoi versi sono con­ser­vati nella fon­da­zione che, come lo sta­dio nazio­nale, porta il suo nome. Versi con­tro l’orrore che ha attra­ver­sato il Cile.

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